SILENZIO
Conosco una città
che ogni giorno s’empie di sole
e tutto è rapito in quel momento
Me ne sono andato una sera
Nel cuore durava il limio
delle cicale
Dal bastimento
verniciato di bianco
ho visto
la mia città sparire
lasciando
un poco
un abbraccio di lumi nell’aria torbida
sospesi
di Giuseppe UNGARETTI
COMMENTO DELLA POESIA
Silenzio è il ricordo improvviso di un passato radioso che rinasce sullo sfondo buio del presente, un presente denso di pena e desolazione (la poesia viene scritta nel pieno della guerra). La città natale, dove il sole rapisce e toglie la memoria, era percorsa dal «limio delle cicale» che «durava» e, più correttamente, dura ancora «nel cuore» di chi vi si è allontanato. Questo suono che la memoria rievoca così improvvisamente sorge dal silenzio che può essere sia materiale che interiore, come se la luce rinascesse dal buio. La lirica, che si apre in maniera quasi ottimistica nel momento in cui si afferma:«conosco una città», si sviluppa nel segno del passato ritrovato, e progressivamente va sovrapponendosi alla memoria dolorosa del distacco dalla città solare, accostandosi al momento presente: la città, nel ricordo, svanisce alla vista dell’emigrante («ho visto / la mia città sparire»), lasciando come ultimo segno di sé dei lumi sospesi nella foschia. E questo movimento designa parallelamente anche il processo presente dello svanire del ricordo e quindi come equivalente, di una nuova perdita della città radiosa, e il «sospesi» con cui si chiude il componimento si caricava di forti significati sicuramente inquietanti, come può essere quella della condizione sospesa dell’uomo che affronta la morte giorno dopo giorno (tratto da http://balbruno.altervista.org/index-945.html )